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Nel Parco con Rai Storia. Alle "sorgenti" dei fatti del '66. Una troupe ieri nelle Foreste casentinesi per un servizio dedicato all'Alluvione di Firenze


Data pubblicazione:
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Giovedì, 21 Aprile, 2016
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L'alluvione del 1966 ha riempito di simboli l'immaginario collettivo: gli "Angeli del fango", il Ponte Vecchio stremato dalla violenza delle acque, l'ansia di mantenere le meraviglie della città all'ammirazione del mondo intero. Naturalmente non vanno dimenticati i danni enormi e i morti.
Il Fiume sta a Firenze, in un rapporto indissolubile, come la Senna a Parigi e il Tamigi a Londra.
E' un elemento costitutivo della sua storia, nel bene e nel male.
Alla forza del Fiume Firenze deve anche il legname pregiato - che scorreva, "fluitava", attraverso il suo corso dal Casentino e dalle estremità della Romagna toscana - necessario per la edificazione delle sue opere più belle: fra tutte Santa Maria del Fiore.
E le navi che affontavano il mare aperto davanti alla repubblica marinara pisana avevano alberi maestri che venivano dalle Foreste casentinesi.
Quel fiume, padre e patrigno, nasce nel Parco nazionale: le sorgenti, sul Falterona, monte sacro agli etruschi, sono state acquistate dall'area protetta nel 2004. Oggi sono al centro di alcuni dei percorsi escursionistici più suggestivi tra Val di Sieve, Romagna e Toscana.
L'articolato lavoro di Rai Storia, che andrà in onda il 4 novembre, giorno del 50° anniversario, è cominciato oggi nelle Foreste casentinesi. Gli autori sono Fabrizio Marini e Giorgio Taschini.
L'inviata, Michela Ponziani, e il filmmaker (studio Ziblab), Carlo di Domenico, sono stati accompagnati da due agenti del CTA del CFS del Parco a Capo d'Arno.
Altra tappa ineludibile, in considerazione dell'indissolubile rapporto tra il "Monte degli dei" e gli etruschi, è stata la stipe votiva del "Lago degli idoli", a poche centinaia di metri.

"Non ci si stanca di apprendere come questi territori distesi sul crinale tra Toscana e Romagna siano al centro della storia di questo Paese. E non solo di quella antica. Basti pensare al Codice di Camaldoli, del luglio 1943, o al ruolo che ebbero questi territori nei Piani Fanfani per il superamento della fase postbellica. Le azioni che si mettono in campo nei momenti di crisi rischiano, con un meccanismo perverso, di avvitarsi in un contesto di sfiducia e demotivazione. Ma sono certo che è proprio da questi luoghi che hanno plasmato la nostra storia e, nella gestione di uno sterminato patrimonio ambientale, fornito importanti risorse di sostentamento, dobbiamo ripartire per immaginare la crescita, decisa e "sostenibile", dei prossimi anni". Luca Santini, presidente del Parco nazionale

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