Il territorio del Parco è stato abitato e vissuto dall’uomo per secoli e le tracce sono oggi ancora visibili, anche se in parte la Natura ha ripreso il suo spazio. I numerosi ruderi, le mulattiere, le maestà, le chiesette di campagna ci raccontano di un mondo che non esiste più, fatto di pochi ma solidi valori, di solidarietà e di sacrifici. Ci raccontano di una vita dura, condotta con grande dignità e amore per i propri luoghi; luoghi che nel Dopoguerra sono stati in gran parte abbandonati, a causa dei mutamenti storici e sociali che hanno modificato il corso della storia e la vita di coloro che erano stati, fino ad allora, i Popoli del Parco, gli abitanti di questo tratto di Appennino, oggi tutelato dall’area protetta.
Perciò rischiano di scomparire i saperi di gente che aveva imparato a convivere con la natura e a trarne di che vivere. Questo ha fatto nascere il progetto “I Popoli del Parco” (il Popolo erano gli abitanti di una Parrocchia), un contenitore dove confluiscono le ricerche in questo settore svolte negli anni dall’Ente Parco: mostre, interviste, recupero di archivi fotografici storici, tutto ciò che ci aiuta a ricostruire e tutelare questo patrimonio di conoscenze e di esperienze che altrimenti andrebbe perduto, consapevoli che la conoscenza del passato, delle proprie radici costituisce un elemento imprescindibile per costruire il senso di appartenenza ad un territorio ed è essa stessa elemento di valorizzazione del territorio.
Tra le località oggetto di studio è ovviamente anche Pietrapazza, il cui toponimo è di certo curioso, e lo è ancora di più se si pensa che in passato si chiamava “Pretpazz” nel dialetto locale (prete pazzo), anche se non sono noti i motivi all’origine di questo toponimo. Sorge nella parte più a monte dell’omonimo ramo del Bidente, ed era costituito dalla chiesa, la canonica, il cimitero e due abitazioni, una delle quali è crollata in seguito a una frana. In quest’ultima nel 1915 era aperta un’osteria. Nella canonica c’era la scuola dal 1921 al 1963 e prima era invece a Cà dei Conti.
Questi territori facevano anticamente parte dei domini dei Signori di Valbona fino al 1402, quando passarono in mano ai Conti Guidi. Spiritualmente dipendevano invece dall’Abbazia di S. Ellero a Galeata e da quella di S. Maria in Cosmedin, in misura non minore anche dal più vicino Eremo di Camaldoli. Nel XVI secolo Pietrapazza viene assegnata al Capitanato di Bagno, facendo parte del Comune di Poggio alla Lastra e dal XVII secolo sostituisce l’Eremo Nuovo come centro di riferimento dell’alta valle.
Gli abitanti vivevano di allevamento, in particolare di ovini e caprini, ma anche del taglio del legname, di agricoltura e di lavorazione della pietra. Gli scambi dei prodotti così ottenuti avvenivano a Bagno di Romagna e S. Piero ma anche a Santa Sofia, Poggio alla Lastra e Badia Prataglia.
Un centinaio d’anni fa la Parrocchia di Pietrapazza contava ancora circa 200 abitanti, dal 1931 la popolazione iniziò a calare sempre più rapidamente fino a giungere alle 66 unità nel 1961 e al completo spopolamento dieci anni dopo.
Domenica 4 settembre, presso la chiesa di Sant’Eufemia, si svolgerà la tradizionale festa patronale, ritrovo degli ex abitanti e non solo, che farà rivivere per un giorno questa sperduta località e la sua comunità sull’onda dei ricordi, ricreando atmosfere dimenticate con giochi e chiacchiere sul prato davanti alla chiesa, come si usava una volta nei giorni di festa. Sembrerà per un giorno di rivivere una domenica d’altri tempi, quando i sentieri circostanti si animavano con la gente del Popolo di Pietrapazza che convergeva verso la chiesetta, che proprio quella gente aveva costruito ed inaugurato nel 1938.
Foto dell'archivo Onofrio Leoni