Camminare al buio nel bosco e ai margini, di notte o mentre scende l’oscurità, è sempre fonte di tante scoperte, sensazioni e possiamo scoprire che i nostri occhi, opportunamente guidati, al buio possono vedere tantissimo. Tra gli animali più visibili senza dubbio ci sono le lucciole attive da fine aprile in pianura a metà agosto sull’alto Appennino.
Le lucciole sono coleotteri appartenenti alla famiglia dei Lampiridi con oltre 2000 specie nel mondo e 22 in Italia.
Nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi le specie di lucciole presenti sono almeno 6, però studi dettagliati su questo gruppo di insetti non sono stati condotti. Le specie più comuni sono la lucciola italica (Luciola italica), la lucciola portoghese (Luciola lusitanica) e la lucciola del grano (Lampyris noctiluca); presenti sono anche specie dei generi Lamprohiza e Nyctophila.
Gli adulti con lunghezza tra 6-18 mm, hanno il corpo poco sclerificato, la testa quasi tutta ricoperta dal torace, grandi occhi sferici e zampe corte. Le larve hanno, come gli adulti, un largo torace che ricopre quasi tutta la testa e arti corti. Molte specie hanno la femmina attera e talvolta anche il maschio e questo dona un aspetto larviforme. Nel genere Luciola maschio e femmina sono entrambi alati, in Lampyris è solo il maschio alato.
Coleotteri attivi di notte, hanno colori degli adulti e delle larve non appariscenti, generalmente nerastri, brunastri o giallastri, con torace degli adulti giallo, arancio o rosso.
La caratteristica che le differenzia da tanti altri insetti è la produzione di bioluminescenza, la caratteristica luce che serve ai maschi e alle femmine per comunicare tra loro ed è quindi finalizzata all’accoppiamento. Nei maschi del genere Luciola ad esempio i maschi emettono segnali luminosi ritmici per attirare le femmine. In tutti gli stadi delle lucciole c’è luminescenza, anche nelle larve e uova.
La produzione della luce avviene negli ultimi segmenti addominali attraverso una reazione chimica che impiega ossigeno, energia e enzimi (luciferina e luciferasi). Regolando il flusso dell'aria l'insetto può regolare la frequenza del lampeggiamento. La reazione avviene quasi senza produzione di calore: è una luce fredda, con un rendimento vicino al 100% di trasformazione dell’energia in luce percepibile dall’occhio umano. Per capire quanto sono efficienti basti pensare che una lampadina ad incandescenza ha rendimento sotto l’8%, un neon del 15%, una moderna lampadina led del 44-65% e una candela solo del 0,04%.
Le larve di lucciola si nutrono di chiocciole anche di grandi dimensioni, di lumache (limacce) e di altri invertebrati con corpo molle. Gli adulti in Italia in generale non si cibano, nei paesi tropicali invece si nutrono di vari insetti.
La sopravvivenza delle lucciole in molte zone è minacciata dall’uso dei pesticidi in agricoltura, dall’espandersi dei centri urbani e produttivi e dall’inquinamento luminoso nelle aree urbane e industriali e lungo le strade trafficate. Tanti scienziati e scrittori ne hanno lanciato l’allarme, a partire da Rachel Carson nel 1962 e da Pier Paolo Pasolini nel 1975. Se le luci artificiali interferiscono direttamente con la riproduzione degli adulti di lucciola, l’utilizzo degli insetticidi, e in particolari di lumachicidi in agricoltura, causa la morte delle larve di lucciola e delle loro prede. Nel Parco Nazionale le minacce per le lucciole sono limitate.
Le lucciole sono molto utili perché cibandosi da larve di lumache e chiocciole, controllano il loro proliferare, e in alcuni paesi sono perciò impiegate nelle coltivazioni in serra per limitare tali molluschi.
La bioluminescenza delle lucciole, in particolare della lucciola italica, è utilizzata, opportunamente inserita nei tessuti vivi, per marcare le cellule dei mammiferi e diagnosticare tra l’altro tumori e metastasi, ed è impiegata nell’immunodiagnostica e nell’individuazione delle droghe.
Roberto Fabbri Entomologo e collaboratore del Parco