Nell’area del Parco erano molti i piccoli mulini che, fino a qualche decennio fa, funzionavano.
Espressioni come “tirare l’acqua al proprio mulino”, “non è farina del tuo sacco!”, i proverbi “Chi va al mulino s’infarina” testimoniano come la saggezza popolare avesse ben presente questo luogo speciale dove il grano diventava farina (che sarebbe poi diventata pane) e questo in tempi di fame aveva qualcosa di davvero speciale.
Fino alla prima metà del XX secolo gli opifici a forza idraulica erano un fenomeno presente con una notevole frequenza nelle aree collinari e montuose: i mulini erano perlopiù di dimensioni modeste, così come la loro capacità di molitura, potendo essi contare sull’utilizzazione di piccole masse d’acqua che, durante i periodi di accentuata siccità estiva, potevano venir meno del tutto. Nell’area del Parco erano quindi, molti i piccoli mulini che, sfruttando la forza idraulica dei torrenti montani, macinavano.
Nella società contadina e nelle nostre montagne tutti coltivavano, o cercavano di coltivare, cereali per la propria famiglia e per gli animali. Ognuno andava poi periodicamente al mulino e macinava il proprio raccolto. Per questo il mulino, oltre ad essere un ingegnoso opificio era anche un luogo di incontro, in cui le persone socializzavano, si riferivano le novità, si scambiavano le opinioni, ecc.
Il mugnaio era dunque un personaggio importante, con specifiche abilità, che sapeva svolgere tutte le operazioni necessarie al funzionamento ed alla manutenzione del mulino.
I clienti arrivavano al mulino con i loro sacchi, di solito caricati sulla “bricca” (la femmina dell’asino) e ripartivano con il macinato, cioè la farina, della quale una parte, la “molenda” (circa il 6/7%), veniva lasciata al mugnaio come onorario per il suo lavoro. Una volta giunto il proprio turno, avveniva la molitura e i contadini rientravano poi alle loro case, dove la farina veniva vagliata ed utilizzata per la panificazione che allora, ovviamente, ogni famiglia svolgeva in proprio.
Il mulino, al pari delle osterie o delle piccole botteghe che si trovavano nei paesi o nei nuclei più consistenti, era un luogo in cui, oltre all’attività della molitura, avveniva quindi la circolazione delle informazioni, lo scambio di opinioni, anche quello che oggi chiameremmo “gossip”, anche se è buffo accostare questa parola moderna mutuata dall’inglese alle situazioni ed alla società di allora.
Il mulino era dunque un momento fondamentale di un sistema che garantiva il fabbisogno alimentare in una società povera, in cui l'alimentazione si basava essenzialmente sulle farine di frumento, di mais e anche di castagne con l’integrazione di quelle di legumi. Nelle località più alte dell’Appennino, dove era più complicato mettere insieme il pranzo con la cena, si usava aggiungere alla farina di frumento quella di altri cereali e di legumi secchi… ci si arrangiava!
Il mugnaio, come del resto gli altri artigiani, era un personaggio di spicco nella cultura popolare. La sua figura, però, nell’immaginario collettivo era caratterizzata anche dalla scaltrezza e dalla capacità di ingannare il cliente utilizzando trucchi al momento della pesatura. Un proverbio sampierano recitava “Cambia mugnàj, mo ladre maj”, che significa che può cambiare il mugnaio, ma rimarrà sempre un ladro. Naturalmente erano luoghi comuni, tante sono anche le storie di mugnai generosi che aiutavano i più bisognosi in tempi di fame, ma è simpatico ricordare un componimento dialettale in rima di un vecchio mugnaio sampierano, Pietro Vicchi, che si dilettava a “scrivere in poesia” (peraltro con ottimi risultati), dal titolo “El mugnàj pòvre” (Il mugnaio povero). Si racconta di come un mugnaio “pentito”, per sfuggire alla tentazione di rubare al momento della pesatura avesse posto un crocefisso vicino alla bilancia, in modo che ogni volta che si apprestava a pesare qualcosa la sua presenza gli ricordasse di comportarsi onestamente. Il problema fu che la sua correttezza nella pesatura gli causò guadagni minori e la sua famiglia si ritrovò ben presto alla fame, al punto che il mugnaio dovette a malincuore rimuovere il crocefisso, garante della sua onestà, e riprendere la sua “normale” attività per provvedere al bisogno della numerosa famiglia.
> Guarda il video sui mulini estratto dal documentario "Lassù dove spiccano i baleni"
Foto: Mulino Mengozzi di Fiumicello (Premilcuore - FC) di Bruno Zanzottera