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Lo spopolamento dell’Appennino tosco-romagnolo

“Cosa facciamo, restiamo o partiamo?”, questa frase, declinata nelle innumerevoli inflessioni dialettali di questo tratto di appennino fra Romagna e Toscana è senz’altro risuonata in tante delle case che punteggiavano i nostri monti. Le occasioni erano tante: uno scampato pericolo o una disavventura che ancora una volta ti facevano pensare che sarebbe stato meglio vivere in un posto in cui ci fosse un ospedale, con la comodità dell’acqua e della corrente elettrica in casa; gli spostamenti a piedi di ore ed ore per raggiungere il centro abitato più vicino o semplicemente il desiderio, soprattutto dei più giovani, di vivere una vita meno anacronistica. La difficoltà dell’isolamento è diventata esponenzialmente più grande dal momento in cui quella rete di solidarietà e di supporto fatta dal vicinato (si fa per dire: talvolta la casa più vicina era a mezz’ora di cammino!) si è venuta a rompere. Quando qualche famiglia ha imboccato la via per scendere a valle, che fosse Romagna o Toscana poco cambia, per tutte quelle che erano rimaste veniva meno un aiuto importante e poi un altro e un altro ancora e così via. La catena che li teneva uniti e li rafforzava perdeva, di volta in volta, anelli.

Fino alla decisione finale: partiamo anche noi!

Una civiltà travolta dal cambiamento storico e sociale dell’Italia di quegli anni, un mondo di valori e saperi che deve rivedere i suoi punti di riferimento e le sue certezze, l’esperienza di centinaia di montanari che, in un modo o nell’altro, scendono a valle in cerca di una vita migliore.

Lo spopolamento è stato oggetto della borsa di studio dedicata a Luciano Foglietta: “Raccolta e valorizzazione di documentazione sulle tradizioni culturali e cultura materiale del Parco” - 2017/2018 – Davide Prati.
 

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> Guarda il video realizzato con le interviste di alcuni ex abitanti