
La memoria delle donne dell’Appennino
In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne dell’8 marzo, desideriamo rendere omaggio alle donne dei Popoli del Parco.
Le donne che hanno abitato le valli del Parco non sono state semplici spettatrici della vita rurale; al contrario, le loro testimonianze ci permettono di riconoscerle come protagoniste vitali, ribaltando gli stereotipi che le relegano al solo ruolo di “angeli del focolare”. Le loro azioni si sono intrecciate strettamente con il territorio, nella gestione dello spazio domestico che ben oltre le mura di casa si estendeva, dilatandosi nel paesaggio e contribuendo alla sua evoluzione.
Nel contesto appenninico, oltre a gestire tutto ciò che oggi definiamo "lavoro di cura", come attività di assistenza legate all’igiene, alla cura dello spazio domestico e al nutrimento della persona; le donne erano parte di una rete di relazioni che si basava su un’economia di sussistenza e autosufficienza. Generalmente si collega il lavoro femminile all'ingresso delle donne nelle fabbriche del dopoguerra, in realtà, specialmente nei contesti rurali, le donne delle classi popolari svolgevano oltre al lavoro domestico ed alla cura dei figli un importante ruolo nelle attività agricole e di allevamento.
Pur essendo fondamentali per integrare il reddito familiare, i guadagni delle donne, così come quelli infantili, erano inferiori a quelli degli uomini. Questo rifletteva un mondo nel quale gli uomini erano impiegati in lavori considerati maggiormente significativi, volti al mantenimento di tutta la famiglia. Vi erano però ambiti prettamente femminili come la tessitura, una pratica indispensabile per rispondere alle esigenze quotidiane e che evitava di attingere ad altri redditi per le spese relative a vestiti, lenzuola, canovacci. Nell'economia delle famiglie rurali e mezzadrili il telaio ha infatti rappresentato per tanto tempo un “capitale fisso non trascurabile”, tanto da rientrare nella dote nuziale insieme al corredo quando le donne si sposavano. Sarà poi durante i processi di industrializzazione che la manodopera femminile verrà impiegata nella produzione della seta e in tutte le sue fasi di lavorazione, dalla bachicoltura alla filatura nelle filande, come accadeva a Santa Sofia dove questa attività era particolarmente fiorente. Analogamente, in Casentino, sorsero alcuni lanifici per la produzione del tipico panno-lana a Soci e Stia.
Per tanto tempo il lavoro per le donne ha quindi rappresentato una necessità economica subalterna, rimanendo così invisibile ai censimenti. Tuttavia con l’impiego delle donne nelle industrie tessili si inizierà a tenere qualche traccia delle maestranze femminili, seppur rimangano ancora a lungo disperse tra le mura domestiche e dei poderi, oltre e sopra la nebbia al di là dei crinali.
Nell’economia montana le varie attività lavorative di uomini e donne, insieme alle esperienze di emigrazione stagionale, ci consentono di osservare come le donne avessero un ruolo attivo e determinante in Appennino. Capitava spesso che gli uomini, per lavoro o per la chiamata alle armi, dovessero assentarsi per lunghi periodi. A garantire il mantenimento della vita rurale erano le donne: dalla gestione familiare, del bestiame e dei campi, all’occorrenza si sostituivano agli uomini divenendo non solo le custodi della casa e della terra, ma anche vere e proprie custodi del paesaggio montano, tutelando la sopravvivenza e la continuità delle pratiche agricole. Inoltre, accadeva che fossero anche le donne ad emigrare nei periodi di raccolta stagionale, per andare a servizio come serve o balie nelle case delle famiglie della media borghesia o per raggiungere i parenti in città durante l’inverno.
Tali responsabilità e occasioni di mobilità, nonostante fossero deleghe temporanee, erano esperienze significative e inquadrate in un contesto più ampio, che, durante la Seconda Guerra Mondiale e con l’esodo, contribuiranno ai processi verso l’emancipazione femminile.
Oggi, nel celebrare la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, ricordiamo che l’impegno per l'emancipazione non è solo una questione di uguaglianza di genere, ma anche di giustizia storica e sociale. Le memorie delle donne dei Popoli de Parco sono storie di resistenza, di cambiamento e di un legame indissolubile con il territorio che ci circonda.
Al seguente link è possibile accedere alla gallery, della mappa tematica dei Popoli del Parco, intitolata “Il lavoro delle donne”
Informazioni tratte dal capitolo “Quando Berta filava. L’economia femminile dei paesi appenninici tra Otto e Novecento” di Augusta Palombarini della rivista “I mestieri dell'Appennino. Ambienti, pluriattività e mobilità” a cura di Augusto Ciuffetti - Marca/Marche.
Foto dell'Archivio fotografico Dott. Torquato Nanni