
Riti e tradizioni primaverili
“E’ primavera, svegliatevi bambine”, cantava Alberto Rabagliati negli anni ‘40. Come questa, tante altre canzoni hanno descritto questa stagione così bella, del risveglio della natura e della ripresa delle attività legate al ciclo agricolo.
E così anche sulle nostre montagne si eseguivano i riti antichi che celebravano il cambio di stagione, la ripresa delle attività agricole dopo l’inverno in cui, oltre ad accudire le bestie e eseguire tutti i lavori di routine e di manutenzione, ci si arrangiava integrando i miseri bilanci familiari con i lavoretti artigianali: i setacci, i mestoli, perfino le palette per le saline di Cervia, utilizzando ciò di cui c’era comunque grande disponibilità, il legno.
E si sanciva la fine dell’inverno con la tradizione, di origine pagana, dell’accensione dei fuochi, con i quali ci si sbarazzava delle ramaglie e di qualche aggeggio in legno ormai inutilizzabile, ma si salutava, appunto, la primavera, la rinascita della natura con cui i Popoli del Parco vivevano, inevitabilmente, a stretto contatto e che scandiva i loro ritmi di vita e di lavoro.
Naturalmente, in primavera seppure con data mobile, si celebrava anche la festività cristiana della Pasqua, molto sentita sulle nostre montagne, i cui abitanti nutrivano una fede semplice e solida e festeggiavano questa ricorrenza con devozione.
Giorgio Graziani, collezionista e appassionato cultore delle tradizioni appenniniche, ci racconta in un breve video la scarabattola, un curioso oggetto ed il suo particolare utilizzo.
Archivio fotografico Dott. Torquato Nanni