Avvistato un'esemplare di Gyps fulvus nel territorio dell'area protetta. Maestosa sagoma scura, profondi e ampi battiti alari, ali immense e lunghe “dita” ben aperte, vistose anche a distanze considerevoli grazie al suo caratteristico volo lento e pesante, che acquista velocità nelle scivolate lungo le pareti montane e i bordi rocciosi alla ricerca delle carogne di cui si nutre. Inevitabile ritrovarsi col naso incollato al cielo e bocca spalancata di stupore se, come di recente è successo per un fedele visitatore del Parco, si ha la fortuna di trovarsi al cospetto di un esemplare localmente raro di Grifone, Gyps fulvus (Linneo, 1758) nelle presentazioni ufficial
Si tratta di un grosso rapace diurno appartenente alla stessa famiglia delle aquile, Accipidridae, ma chiaramente più grande di queste: possono superare il metro di lunghezza e vantare un’apertura alare di ben 240-280 cm! Altri caratteri distintivi? Capo e collo “nudi”, vale a dire ricoperti di un corto piumino lanoso e ornato alla base da un "boa" di penne lanose bruno chiare nel giovane che schiariscono verso il bianco nell’adulto, come per il becco uncinato, da grigio-nerastro a giallastro; coda corta e zampe robuste, armate di unghioni lunghi, ma non adoperati nella cattura di prede vive, si nutre infatti esclusivamente da necrofago di animali selvatici (soprattutto caprioli, cervi e cinghiali) o allevati (equini, bovini, caprini e ovini). Il grifone è un uccello sociale, nidifica su pareti rocciose e cenge indisturbate dell’entroterra o, localmente, su falesie marine ricche di cavità e sporgenze, in colonie variabili per numero di coppie, le quali restano monogame per tutta la loro vita. Tra gennaio e marzo depongono unico e prezioso uovo, che viene covato con cura alternativamente da entrambi i partner fino alla schiusa, che avviene in primavera, generalmente nel mese di aprile. Il giovane godrà ancora delle attenzioni parentali, almeno fino a che le sue dimensioni non gli permetteranno di difendersi autonomamente dall’attacco di eventuali predatori e alle volte anche fino al giorno dell’involo, tra metà luglio e la fine di agosto, dopo una permanenza nel nido di circa 4 mesi. Raggiunge la maturità sessuale non prima del 4° o 5° anno e vive in media dai 25 a 30 anni. La recente scomparsa o l'estrema rarefazione di questi grandi “spazzini” delle montagne, in molte aree tranne che in Spagna, dove risulta addirittura in aumento, è primariamente legata al declino della pastorizia tradizionale e in generale alla crescente antropizzazione del territorio, ma perdite importanti sono dovute anche alle uccisioni dirette e alle vili campagne dei bocconi avvelenati. L'areale di distribuzione storico comprendeva vaste aree del Mediterraneo, dalla Spagna al Nord Africa e ai Balcani e si estendeva anche in Europa centrale, sino in Russia e in India. In Italia l’unica popolazione selvatica residua si trova in Sardegna, ma negli ultimi anni alcuni progetti di reintroduzione in habitat ritenuti idonei del Friuli, Abruzzo, Lazio e Sicilia hanno riportato la specie a rioccupare parte dell’originario areale. Nel territorio del Parco è un avvoltoio di comparsa accidentale, lo confermano le scarse testimonianze: un esemplare conservato nel Museo di Storia Naturale di Udine, etichettato genericamente "Casentino (Arezzo)" risalente al 18/1/1913 (Parodi 1987) e due sole segnalazioni, un esemplare su Sasso Fratino in data 8/6/2009 (Ceccarelli et al. 2009) e un secondo su M. Collina (Portico) il 23/6/2014. A quest’ultime due, si è aggiunta lo scorso 25 settembre una terza segnalazione a Pian del Grado, nei pressi di Campigna (Santa Sofia).
“Mi trovavo al Parco in occasione delle giornate di censimento del cervo al bramito, al quale partecipo come veterano ormai da anni. La bella giornata mi aveva convinto con poco a trattenermi un giorno in più, ma come potevo immaginare che sarebbe addirittura migliorata! Erano le due del pomeriggio, cielo terso e sole in testa quando una sagoma aquiliforme, scura e particolarmente vistosa ha attraversato il nostro alto orizzonte da est verso ovest. Ho avuto il tempo necessario per immortalare il momento, la distanza non consentiva un riconoscimento immediato, ma zoomando sul display della mia macchina fotografica non ci sono stati dubbi, era lui... un raro Grifone di passaggio!” Fabio Padovani
Foto di Fabio Padovani Testo di Giuseppina Ziccardi