Quando il tepore del sole inizia a filtrare tra le chiome spoglie degli alberi, cominciano a far capolino le prime delicate fioriture del bosco, stupende sentinelle che annunciano l’arrivo della bella stagione. Passeggiando tra faggi, cerri e castagni è quasi impossibile non rimanere incantati: bianco, viola, indaco, verde, giallo, blu…una tavolozza di colori pronta a essere ammirata dai più attenti frequentatori della Natura. Parliamo delle piante nemorali, che prima di tutte le altre riempiono il bosco grigio e spoglio, come a voler anticipare il suo prossimo ritorno. Nel Parco, principalmente coperto da foreste, le specie nemorali rivestono una grande importanza, arricchendo il contingente floristico con elementi di pregio.
Ma cosa vuol dire specie nemorale? Il nome deriva dal latino “nemoralis”, ovvero “boschereccio”. In botanica, con questo termine si denota una pianta, generalmente erbacea, tipica dei boschi. La particolarità di queste piante è il loro ciclo vitale. L’apice del loro sviluppo avviene prima di un momento cruciale della foresta: il risveglio vegetativo e l’emissione delle nuove foglie. In quella sottile finestra di tempo che va dalle prime giornate con clima mite fino alla chiusura delle chiome degli alberi, le piante nemorali crescono e fioriscono approfittando della luce che penetra tra i rami spogli. Quando poi la luce verrà oscurata dalle nuove foglie, la flora del sottobosco potrà dedicarsi con tutta calma alla maturazione dei frutti, in attesa del prossimo inverno.
Un buon metodo per cominciare a riconoscere la flora nemorale è osservarne i colori e le loro naturali sfumature. Tra le più delicate fioriture che si possono osservare nel Parco riveste un posto d’onore il Bucaneve (Galanthus nivalis), specie di interesse comunitario inserita nell’allegato V della Direttiva Habitat. Il suo candore non passa inosservato tra le foglie secche dei faggi, parzialmente coperte dalla coltre nevosa. Come tante altre nemorali è una geofita bulbosa, ovvero una pianta che ogni anno emette fiori e foglie da un bulbo, l’organo che gli permette di sopravvivere durante la stagione fredda.
Più difficile da individuare ma altrettanto elegante è il Campanellino (Leucojum vernum), che si distingue dal Bucaneve per il fiore di forma campanulata e per i tepali tutti della stessa lunghezza. Il bianco è un colore molto diffuso tra le fioriture nemorali: lo troviamo anche negli Anemoni (Anemonoides nemorosa e A. trifolia). Appartengono alla famiglia delle Ranunculaceae e vegetano di norma nei boschi di latifoglie, creando tappeti fioriti di rara bellezza.
Non può mancare la Colombina cava (Corydalis cava), dalle bellissime infiorescenze rosa-opaco che spicca tra la lettiera bruna. La troviamo soprattutto in situazioni di margine o in boschi di latifoglie aperti. E, per citarne altre, le stupende fioriture delle Cardamini (Cardamine sp.pl.). Queste Brassicaceae riempiono il sottobosco di sfumature che vanno dal bianco al rosa tenue al viola e sono facili da osservare passeggiando lungo i sentieri del Parco.
Passando a sfumature più intense di colore, virando verso il blu, l’indaco e viola scuro è possibile citare l’Erba trinità (Hepatica nobilis) che con il suo blu-viola si accompagna alla delicatezza della Scilla silvestre (Scilla bifolia), creando texture variopinte sul suolo spoglio. E così anche il giallo della Primula (Primula vulgaris) trova il suo posto tra gli alberi, insieme ad un inaspettato verde: gli Ellebori (Helleborus viridis; H. foetidus) sono già in fiore e rompono con la loro diversità la “monotonia” dei colori a cui tutti siamo abituati.
Nonostante la breve durata, la flora nemorale si inserisce perfettamente nel ciclo naturale della vita della foresta. La loro fioritura costituisce di fatto il primo, autentico risveglio del bosco. Gli insetti impollinatori, lentamente, ricominciano a muoversi tra le fioriture in cerca di nettare mentre per altri l’emissione di getti da bulbi e rizomi costituisce il nutrimento per una nuova generazione.
Foto A. Pica