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La scoperta della Lama di un viaggiatore ottocentesco

Il visitatore “medio” del Parco, ma anche un semplice frequentatore del web, ha senz’altro sentito parlare della Lama, d’altro canto basta digitare su qualche motore di ricerca “La Lama” ed ecco comparire foto, notizie, commenti su questo luogo splendido e in qualche modo “simbolo” del Parco, della foresta, un luogo da cartolina.

Il luogo era in realtà conosciuto anche nel passato; certo, non c’era internet ad amplificare e divulgare le notizie, le foto ed i racconti escursionistici con tanto di traccia gps.

Però già Lorenzo il Magnifico lo aveva scoperto da giovanissimo durante i soggiorni estivi nella zona. Più tardi sempre lui ritornerà a pesca di trote nella zona, come testimoniano le lettere di alcuni dei Capitani di Bagno di Romagna rivolte al loro Signore fiorentino.

Tra i viaggiatori che ebbero la ventura di passare dalla Lama, ci fu nel 1834 anche il Granduca Leopoldo II, accompagnato da una guida locale di nome Giovannetti, che ebbe a scrivere: “Presi la via di Ridracoli […] poi vidi la via spianarsi in una valletta verde, profonda, cinta da antica, altera foresta.” e ancora: “ Traversando, vedevo aver foce in quella valletta altre forre minori, vestite pur d’abeti antichi e maestosi, fra i quali già quasi notte albergava; e venni a piede d’una parete ove ogni via pareva finisse.” Insomma, il Granduca rimase colpito dalla vetustà e dalla maestosità della foresta, esattamente come i moderni “viaggiatori” che qui passano.

Nel 1821 giunse a Camaldoli il livornese Antonio Benci, intellettuale poliedrico e viaggiatore. Egli racconterà poi il suo viaggio in 11 lettere in cui ripercorre le sue giornate e appunto le 11 tappe del viaggio. Oltre a visitare i luoghi “classici”, come La Verna e Camaldoli, egli proponeva alcune originali deviazioni, come la visita alla Foresta della Lama, che descrive come “il più ameno e maestoso di tutti i luoghi”.

E’ curioso il suo arrivo alla Lama, infatti Benci era rimasto deluso dai disboscamenti che aveva trovato nelle foreste (d’altro canto anche il Granduca Leopoldo II, qualche anno dopo, nel 1834, andando da Camaldoli al Falterona si accorgerà dei danni fatti dai disboscamenti).

Per consolarlo della delusione, la sua guida, un amico di Soci, decide di accompagnarlo in un luogo poco noto, dove avrebbe potuto vedere “la parte più deliziosa, e meno nota, di queste montagne”: La Lama!

Ecco come il Benci descrive il paesaggio che gli si presenta davanti:

“Dopo aver disceso al di sotto dell’eremo quattro miglia per viottoli cupi e ripidi, ho posato il piede sopra morbido musco in riva della Lama, discoprendo un luogo più ameno e maestoso di tutti quelli che io aveva percorsi. Lento lento, e senza spiaggia, il fiume traversa un prato abbondevole di fiori ed erba. Molte gregge godonsi della dolce pastura: e or si vede una pastorella seduta all’ombra di un albero presso la capanna, ora un pastorello che ha lasciato il suo vincastro e pesca le trote, cercandole colla mano tra’ sassi per le frigide acque.”

Tratto da Giuliano Marcuccini “La scoperta della Lama, il più ameno e maestoso di tutti i luoghi”, in Alpe Appennina n. 03-2021. Monti Editore

“Alpe Appennina” non è solo una rivista, ma anche un sito, che ospita varie sezioni: foto, pubblicazioni ed altro riguardante, appunto, il nostro Appennino e la sua storia.

Un’interessante finestra sulla storia e sulle storie della Romagna Toscana. https://www.alpeappennina.it/
 

Foto in alto: la Lama, 1939 Archivio Fotografico Pietro Zangheri

La Lama, 1941 Archivio fotografico Dott. Torquato Nanni

La Lama "Il Baraccone", 1941 Archivio Fotografico Dott. Torquato Nanni

La Lama, 1941 Archivio Fotografico Dott. Torquato Nanni