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IL "MAIS DI SANTA SOFIA ROMUALDI" ISCRITTO AL REPERTORIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

Qualche anno fa è stata individuata nel territorio del Comune di Santa Sofia, dal prof. Graziano Rossi, botanico impegnato nella conservazione dell’agrobiodiversità e docente presso dell’Università di Pavia (Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente), un mais tradizionale “antico”, che potrebbe essere riconducibile ad una delle varietà riportate, per la zona dell’Appennino romagnolo orientale, nel noto volume sui mais tradizionali italiani, Brandolini e Brandolini (2005), come Spadone e Culaccione.

Si tratta di mais in uso localmente, prima dell’introduzione dei mais moderni, i così detti ibridi. La varietà è stata individuata presso l’Agriturismo Il Poderone di Lorenzina Benilli, situato poco a valle di Campigna, sui 950 m s.l.m., dove viene coltivato da alcuni anni, ma la semente proviene dal Sig. Piero Romualdi di San Martino, frazione del Comune di Santa Sofia.

Grazie all’interessamento del Parco Nazionale è stato poi possibile per il Prof. Rossi incontrare e conoscere il Sig. Romualdi e acquisire informazioni circa la sua origine. Si tratta in effetti di un mais locale, che da varie generazione è mantenuto e tramandato da padre in figlio nella Famiglia Romualdi e in particolare il Sig. Piero, cosciente del valore della varietà posseduta, l’ha continuato a produrre tenendolo isolato da altri mais per evitare ibridazioni.

Dopo vari studi è stato possibile per un pool di ricercatori in contatto con il Prof. Rossi (Dr. Angelo Sarti e Dr.ssa Marisa Fontana) produrre una descrizione scientifica della varietà e nel 2017 il Parco ha proposto alla Regione Emilia-Romagna di iscrivere questa varietà al Repertorio regionale di cui alla L.R. n. 1/2008 “Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo”. La Regione, con sua Determina n. 19353 del 30 Novembre 2017 ha accettato questa proposta e l’ha iscritto.

Il lavoro descrittivo ha riguardato la raccolta di dati sulle principali caratteristiche morfo-fisiologiche della varietà, oltre che un'indagine nell’areale di diffusione dell’ecotipo con raccolta di dati che ne attestino origine e legame con il territorio. In particolare, nella zona di Santa Sofia e nella storica “Romagna toscana" il mais potrebbe essere arrivato sia da nord, per l’ampliamento dell’areale di coltivazione dal Ferrarese, che dalla Toscana, vista la donazione di semi al Granduca. E' dell’Ottocento tuttavia la prima bibliografia che attesta la coltivazione del mais anche nella Romagna toscana e in particolare a Santa Sofia. 

Nel Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana del georgofilo Repetti troviamo un riferimento più preciso alla Comunità di Galeata, ma ancor più interessanti quelli riferiti alla Comunità di Santa Sofia, ad attestare l'antico legame con questa semente: “In quanto ai prodotti agrarj la Comunità di Santa Sofia non abbonda che in foreste di alto fusto, specialmente di faggi verso l’Appennino, cui sottentrano più in basso i castagni, che danno alimento col loro frutto una buona parte dell’anno a quei montanari. Ma nell’avvicinarsi alla Badia di S. Maria in Cosmedin all’Isola, presso la confluenza de’ tre Bidenti, incominciano i campi a sementa di piante filamentose, di mais, di legumi, e di cereali, campi cui fanno ghirlanda delle viti maritate ai loppi, le quali nelle vicinanze di Santa Sofia forniscono un liquore che all’agresto si avvicina piuttosto che un vino spiritoso” (Repetti, 1843). 

Attualmente il mais “Romualdi” di Santa Sofia è conservato anche presso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia, dove, sulla base di stime, potrebbe conservarsi fino a 250 anni. In tal modo sembra ormai scongiurata la perdita “per sempre” di questa preziosa varietà locale.

Per scoprire la storia di questo mais guarda l'intervista a Piero Romualdi.